La morte di Maradona mi ha sconvolto, mi ha portato via un pezzo
La notizia della morte di Diego Maradona, arrivata da Tigre (Argentina) il 25 novembre 2020 attorno alle 17.30 italiane, ha fatto esplodere in tutto il mondo un’ondata di dolore, come se non bastasse quello che già stiamo provando. Ha addolorato anche me, fino alle lacrime o quasi. Per ore sulla mia faccia è scesa la tristezza, tanto che mio figlio mi ha chiesto più volte: “Papà, perché sei così serio?”. Non mi era mai capitato di piangere una star. L’ho sempre ritenuto un esercizio un po’ falso. Eppure ieri non sono riuscito a non farlo.
Un lutto di tutti
Maradona è stato un mito, non un atleta. Un dio, non un santo. Maradona è stato il pallone e la porta, il prato e gli spalti, il cielo (guarda caso di colore azzurro) e la speranza. La speranza per chi non ha speranza, la voce di chi non ha voce. Per questo la sua morte è un lutto per tutti. “Sono triste perché è morto Maradona” ho ripetuto a mio figlio più volte. “Beh, almeno tu lo hai visto dal vivo. Io ho solo visto qualche immagine su Youtube”, la sua risposta. L’ho visto, sì. L’ho visto. Ho visto chi era quando ancora si poteva vedere solo con gli occhi, non con il telefonino. Diego Maradona è stato il sogno per miliardi di persone come me. La possibilità di oltrepassare il limite, anche se si è brutti, piccoli e poveri.
Il giudizio dei vivi
Maradona ha vissuto da dio del calcio e ha pagato il prezzo di essere un dio terreno. In molti si sono disimpegnati, in queste ore, a puntare il dito sul suo lato oscuro. In pochi hanno pensato all’anima dolente e irrequieta che aveva dentro, al buco nero che lo mangiava anche in questi giorni. Alla folle necessità di riempire con qualcosa di artificiale la paura di essere dio, la paura che può fare essere Maradona a ogni respiro. Non ha avuto in dote anche le armi per capire, i sensi per fermarsi, la corazza per combattere tutti quelli che lo hanno sbrindellato, portato, raggirato, comprato e venduto. Non ha avuto la forza di dire no. Lo dico chiaramente: avrei voluto essere Maradona dentro le righe di gesso, ma fuori… Non oso pensare allo stress patito da un uomo piccolo e buono di fronte al fatto di essere, grazie al suo genio un’icona molto più importante di Gesù, di Allah, del Buddha. A chi esercita il giudizio dei vivi dico: “Provateci voi a essere Maradona”.
L’arte dentro un uomo
Pur essendo un’anima fragile, disperata, a volte oscura, l’irregolare con il Dieci addosso ha fatto il dio fino in fondo. La disperazione e il vuoto lo hanno inseguito per tutti i suoi 60 anni, ma sul campo non lo hanno mai beccato. Troppo veloce, troppo geniale, troppo futurista nel modo di amare il pallone. Diego Maradona non è stato un uomo, è stato arte. Per quello chi guarda i campioni di oggi e lo ha visto dal vivo, anche per un minuto, sente la distonia del suono della sfera che rotola. L’artista Diego Maradona suonava la musica del cielo in terra, rivedeva le leggi della fisica e della velocità, piegava la realtà a piacimento dei disegni celestiali che aveva nel piede sinistro. Maradona è stato un artista e come tutti i geni di tutte le epoche ha subito il peso di essere diverso, più grande, dissonante. Dentro quella sua missione di rendere felici miliardi di bambini come me, divenuti con il tempo uomini, si è perso, si è arreso, si è bruciato.
L’ultimo gran gol del Pibe
Ho spiegato a mio figlio il perché della mia tristezza. Diego ha fatto un gran gol anche morendo al culmine della missione che ha avuto: darci felicità. La sua morte si è portata via un pezzo di me e mi ha fatto entrare nella stagione del disincanto. Se muore il tuo mito, muore la tua fanciullezza. La cosa più importante, però, è un’altra. Diego ha fatto un gran gol anche morendo perché ha ricordato al mondo il valore della morte.
Proprio in questi giorni che viviamo, scanditi dai bollettini di morte del Covid e da una seconda ondata della pandemia che ha mandato in tilt l’Italia, Maradona ci ha ricordato che la morte è importante. Va tenuta vicina, va rispettata, va capita come parte della vita. I morti anonimi del Covid non possono essere scontati, devono essere contati dentro di noi.
La morte di un mito anche. Non per farci travolgere, ma per amare la vita. Nostra e degli altri. Maradona ci ha ricordato che la morte è un pallonetto che ti beffa. La morte è la vita. Per questo va accolta e portata lungo il proprio sentiero come una compagna. Per apprezzare ogni respiro, per alzare la mascherina, per aiutare chi soffre, per dare valore a ogni momento, per fare gol con ogni pallone. Grazie D1OS, anche per il tuo ultimo gol.
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