Lo smartphone fa parte del mio corpo.
Con quello vedo, parlo, ascolto, progetto, costruisco, mi guadagno da vivere. Lo smartphone è una parte del mio corpo ed è uno strumento che mi permette di moltiplicare la mia persona e la mia essenza. Lo fa talmente tanto che cerco di trasferire agli altri tutto quello che dallo smartphone ho imparato e che con lo smartphone si può fare. Si può amare, si può cambiare, si può partire e si può tornare. Si può anche non tornare. Lo smartphone, nel 2019, mi ha aiutato a scoprire cose che non sapevo di me, a mandare poesie d’amore, a costruire legami di lavoro e di valore, a fare soldi, ad educare mio figlio, ad aiutare famigliari e amici. Il 2019 è un anno che ricorderò per sempre perché sono diventato un altro, uno che non conosco bene nemmeno io. Grazie allo smartphone.
Mi guardo intorno e vedo che…
Non siamo vicini a capire quando possa valere lo smartphone come ponte di comunicazione biunivoca tra noi e il mondo. Siamo reclinati, con la testa che guarda verso il basso, tra le mani, dove lo smartphone è solo un modo per vivere le vite degli altri. E non la nostra. Una finestra sul cortile. Era così anche per me. Poi ho alzato la testa e ho guardato le persone che avevo intorno. Una generazione di adulti che dal telefonino cercano legittimazione, una generazione di figli che dallo smartphone cercano rassicurazione (o imitazione). In mezzo, come atomi in cerca di una connessione, ci sono quelli che hanno alzato la testa e guardano lontano. Per loro lo smartphone è una nuova scoperta.
Moltiplicatore di relazione.
Lo smartphone è un moltiplicatore di relazioni online per la vita offline. L’operazione di interazione con l’hardware è per sapere, capire, comunicare progettare l’incontro per poi viverlo altrove, non mediato. Specialmente i membri della generazione Z hanno capito che lo smartphone va usato prima che lui usi te e hanno ribaltato il palco della politica, dei loro genitori, della storia. Vogliono, intervengono, discutono, guardano, sanno, vanno. E noi genitori potremo solo guardarli andare via (io sinceramente mi spellerò le mani dagli applausi). Tutto perché quella generazione in particolare ha capito che lo smartphone è un moltiplicatore di relazioni, ma anche arma per raccontarsi, creare, esprimersi, chiedere, partire, tornare.
Il mio augurio.
In queste Feste tenete il telefono chiuso. E pensate a come utilizzarlo per scrivere la vostra vita e riscrivere il vostro lavoro, per andare più lontano ancora, più in là, oltre. Togliete le notifiche e notificate voi al telefono quando volete dire, parlare, sapere, ascoltare, ridere, piangere, amare. Il prossimo anno mi troverete ancora qui, a raccontare tutto quello di buono che un papà cerca di fare per suo figlio, per la sua vita e per il lavoro. Con uno smartphone. Il sito e il progetto cambieranno, per seguire maggiormente il nuovo corso. Buon Natale.
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