Ieri sera, nella canicola milanese, ero fra quelli che guardavano i due occhi luminosi della Sea Watch 3 che, dal mare, guardavano la telecamera della diretta della Repubblica dalla banchina del porto di Lampedusa. E ho deciso di agire.

Come papà ho l’obbligo di cercare un mondo migliore a mio figlio e quello che vedo adesso è un mondo che muore. La vicenda della Sea Watch sta assumendo i contorni della tragedia e i fattori che concorrono sono molti. La politica, di qualsiasi genere, è l’esecutrice materiale dell’omicidio di un paese, di un sogno e, se continua così, anche di 42 disperati in mare. Se vogliamo ce la sta mettendo tutta anche il giornalismo, di qualità becera e poco aduso a fare le domande giuste. Io metto il mio carico da undici.

Il mio paese è morto.

Lo stato dove sono nato non esiste più. E’ morto per asfissia sotto il mare di liquame della situazione sociale, del populismo digitale, dell’ignoranza dell’amministrazione della cosa pubblica. E’ morto, soprattutto, per l’esecuzione eseguita dagli italiani stessi, i quali sono una massa maleodorante di feci.

Sono feci perché stanno smantellando il contesto del paese, sono feci perché stanno raggiungendo livelli di evasione fiscale mostruosa, sono feci per quel diffuso comportamento truffaldino utile per salvare il proprio sfintere anale a detrimento del culo che ci sta di fianco. Sono feci perché si sono bevuti la dinamica dell’allarmismo assoluto per cose che allarmi non sono. Sono feci perché divenuti faziosi, astiosi, arrabbiati, ma soprattutto, sono feci perché sta trionfando l’ignoranza assoluta. Basta vedere i commenti della diretta di Repubblica sulla vicenda Sea Watch e la violenza verbale e l’assoluta mancanza di umanità che viene vomitata da migliaia e migliaia di leoni da tastiera che inneggiano al nostro caro leader Matteo Salvini.

Il mio paese è, quindi, morto. Impossibile rianimarlo. Perché la maggioranza assoluta (attorno all’80%) o se ne fotte o vota merda. Che speranze abbiamo di farlo risorgere? Se conto il 40% che non vota (siete dei bastardi) e il 36% che vota Lega, infatti, scopro che le persone che ci restano sono poco più del 20%. Per fortuna ci sono i giovani che, senza dubbio, manderanno la mia generazione affanculo alla velocità della luce.

Io sono il padre di Carola.

Già, anche in Italia, per fortuna, ci sono i giovani, Per fortuna c’è Carola, una donna tedesca che guida una nave con 42 poveretti a bordo dentro il porto di Lampedusa. Carola Rackete, una che la pensa così.

Ho potuto frequentare tre università, sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto ho sentito un obbligo morale: aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità.

Allora dico a tutti che vorrei essere il padre di Carola, una donna di 31 anni che parla 5 lingue, è laureata, è benestante, ma mette le mani nelle ferite del mondo per farne un posto migliore. Io sono, naturalmente a mo di metafora, il padre di Carola perché il mondo ha bisogno di figli così. Vorrei essere suo padre perché sarei fiero di quello che sta facendo, anche se mi cagherei sotto per quello che le può capitare.

Vorrei tanto essere il papà di una donna così. Il mondo ha bisogno di lei, di Greta e di tutte quelle o quelli come loro due che stanno cambiando le cose. Ha bisogno di persone che stiano dalla parte dei diritti, delle persone, dell’umanità, della legge.

Non si saluta più: choccante.

Ne ha bisogno questo paese, per risvegliare la sua coscienza civile. Ammesso che ne abbia una. Questo paese è così come lo vedete nel video qui sotto. Ho fatto un esperimento sociale, con mio figlio salutando tutti lungo il tragitto tra casa e il campus estivo. Ho scoperto cose imbarazzanti, ho visto un’umanità cafona o sola e impaurita. Questo paese non ti dice più ciao e buongiorno, non si saluta, non si guarda più negli occhi. Se va bene è perché ha le cuffie, se va male è perché ti guarda in cagnesco, come se la minacciassi. Milano era la città del buongiorno, ora è la città del vaffanculo. Anche questo paese era il paese del ciao, della condivisione, della cooperazione. Ora è morto, a meno che Carola non lo resusciti. E c’è ben poco da fare.